mercoledì 23 Ottobre 2024
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Il borgo di Varenna lancia l’allarme: «Di turismo si può morire”

Dalla sponda lecchese del Lago di Como arriva un monito che non è eccessivo definire drammatico per tutti i paesi lariani afflitti dal fenomeno dell’overtourism, con masse di visitatori che portano senza dubbio celebrità e soldi ma nello stesso tempo stanno stravolgendo equilibri ambientali e sociali. È Varenna a lanciare un segnale forte e chiaro tramite un approfondimento pubblicato sul quotidiano “Il Giorno” a firma Daniele De Salvo in cui si parla del fatto che «a causa dell’invasione di turisti, gli abitanti si stanno estinguendo».

Poi un’altra dura realtà, ossia la trasformazione del centro storico del paese, ormai più simile a un’unica casa vacanza per forestieri, dove i residenti rimasti sono una sessantina e gran parte degli immobili è destinata ad accogliere i turisti. In estate, almeno, perché poi d’inverno non si contano le persiane che restano chiuse per mesi. Il tutto corredato dai numeri: nel 2019 gli abitanti di Varenna erano 743, ora sono 680, 63 e quasi il 10% in meno. Sempre nel 2019 sono nati 6 bambini, nel 2023 appena 2, quest’anno al momento nessuno.

«Come comunità stiamo morendo – avverte il sindaco Mauro Manzoniio mi sono candidato per fare il sindaco, non il manager di un maxi-albergo né l’animatore turistico. Invece mi tocca dedicarmi soprattutto a rimediare ai disastri dell’overtourism».

Continuare a promuovere è un errore

Il sindaco continua: «Dalla Provincia di Lecco continuano a sponsorizzare Villa Monastero, i gestori della Navigazione le corse in traghetto, i tour operator gite in bus, quanti gestiscono il silos a pagamento della possibilità di posteggiare nella strutture che hanno in appalto – spiega Manzoni – Loro guadagnano e per noi varennesi la situazione è sempre più ingestibile e invivibile, oltre che pericolosa».

Hanno fatto il giro d’Italia, d’altronde, le immagini del letterale assalto ai treni alla stazione di Varenna, con decine di persone affollate sui binari ed evidenti problemi di sicurezza. Tutti fattori per cui il sindaco di Varenna conclude amaramente che «se non rendiamo piacevole l’esperienza di soggiorno, presto anche i turisti, come gli abitanti, andranno altrove e qui non resterà nulla, ci sarà solo un borgo fantasma».

lago di Como

Il presidente (uscente) della Camera di Commercio di Como: «Varenna è morta»

«Varenna oggi è un paese morto». Questo è soltanto uno dei passaggi shock tra quelli contenuti – e forse andati persino al di là delle intenzioni, con un esito di sincerità quasi sorprendente – nel ponderoso studio dal titolo Ritratto di famiglia: la Camera di Commercio nell’area vasta lariana, realizzato dal Consorzio Aaster e presentato dal presidente uscente della Camera di Commercio di Como e Lecco, Marco Galimberti.

Uno dei primi passaggi che colpisce è l’impiego ripetuto di un concetto applicato al Lago di Como: “La turistizzazione”. Declinata così: “La turistificazione del territorio a partire dal richiamo globale del brand del Lario è il fattore di novità, segnalato da pressoché tutti gli attori. Arrivi e soprattutto presenze sono esplose nel dopo-pandemia, soprattutto i flussi delle presenze si sono internazionalizzati e si sono polarizzati tra una moltitudine di turismo “mordi e fuggi” e la crescita delle fasce altospendenti dal mondo. Con un impatto che riguarda soprattutto la trasformazione dei territori costieri e delle due città capoluogo: «Nell’ultimo decennio in quest’area il tessuto imprenditoriale del settore è raddoppiato e l’incidenza sul valore aggiunto ha trasformato il territorio in un distretto dell’intrattenimento e del consumo in crescita».

Dopo questo inquadramento generale, uno su Como e Lecco nello specifico: «Como e Lecco sono città che hanno completato una lunga transizione terziaria. Como oggi sembra pensarsi principalmente come piattaforma turistica del leisure d’alto livello e della cultura. Lecco inizia a vedere lo sviluppo turistico, però vede il suo sviluppo più legato all’idea di città della formazione (complesso Politecnico, ecc.) a servizio delle filiere industriali e città nodo di reti guardando soprattutto alle connessioni verso l’area metropolitana milanese. Ambedue le città stanno collaborando sullo sviluppo del turismo degli eventi sportivi».

Poi vengono quelle che sono definite “Le priorità in sintesi” per far sì che questo enorme boom turistico possa essere anche gestibile:

  • il potenziamento delle infrastrutture di connessione per evitare che la congestione dei flussi di mobilità dovuti sia alle trasformazioni post-pandemia che all’impatto del turismo, riduca la qualità della vita e la stessa attrattività. Priorità è il potenziamento della navigazione sul lago, ma occorre puntare a ripristinare connessioni tra i capoluoghi, reti di mobilità diffusa, la progettazione infrastrutturale per le Olimpiadi, le connessioni tra i grandi nodi aeroportuali della città infinita milanese e la piattaforma turistica del Lario;
  • scegliere il modello turistico a cui puntare e su questo le posizioni sono diversificate: puntare al lusso, sostenere un sistema turistico diversificato, come equi librare la crescita evitando la monocultura turistica che trasformerebbe il Lario in un parco a tema del leisure rischiando però di svuotarlo delle popolazioni residenti.

Il lago come “parco a tema di lusso”

Il paragrafo “Focus sul tema del turismo” – basato su interviste – affronta il tema del governo del fenomeno. «Il problema non è la sua crescita – si legge – ma gli impatti sociali e ambientali che questa induce se non governata o assorbita attraverso investimenti in servizi collettivi e infrastrutture che permettano al territorio di metabolizzare il flusso». E allora come agire? «Il primo livello riguarda il modello di turismo auspicabile dal territorio, verso cui l’area lariana vuole muoversi. La questione è se il Lario debba diventare un parco a tema del leisure di lusso globale, il modello premium per intenderci, limitando l’accesso alle sue perle allo scopo di ridurre la componente del turista “mordi e fuggi”, origine degli effetti di congestione e consumo del bene comune paesaggio. La selettività o la qualità dell’offerta per selezionare i flussi è una questione importante, che può essere affrontata modulando la promozione e le caratteristiche dell’offerta, e soprattutto investendo in infrastrutture per metabolizzare i flussi: la navigazione ma non solo».

Naturalmente, le opinioni divergono «perché non c’è una sola one best way della verticalizzazione sul lusso, ma bisogna sostenere una differenziazione che valorizzi le diversità delle vocazioni territoriali: sulla sponda comasca prevale il lusso, nei due capoluoghi si può ragionare di un mix tra leisure, montagna, cultura, studenti, ecc.; nelle aree interne c’è la montagna e, soprattutto nel lecchese, andrebbe ragionato come rendere le imprese ricettive della costa nodi attivi di una rete di promozione che spinga almeno una piccola parte dei flussi su nelle terre alte. E poi in Brianza il turismo può essere cultura, wellness, sport e business o eventi a sostegno delle filiere manifatturiere». Insomma, bisogna scongiurare «il rischio che il turismo diventi una monocultura produttiva che spiazzi le altre economie su intere aree del territorio», tanto che «gli stessi intervistati segnalano che la trasformazione in parco a tema del Lago, a lungo andare potrebbe erodere le stesse basi su cui si è costruita la sua attrattività».

Per Como, «la turistificazione dell’economia e del tessuto d’impresa cittadino è un fenomeno di lunga data, anche se gli anni più recenti hanno segnato un salto di qualità trainato dalla potenza attrattiva del brand internazionale del Lario e dal ruolo ormai egemone delle piattaforme digitali. Per alcuni il rischio della città è di avviarsi verso una traiettoria simile a quella di Venezia. E’ evidente che a fianco degli aspetti positivi, questo modello sta producendo effetti di polarizzazione sociale tipici delle economie della rendita, come l’esplosione dei prezzi sul mercato immobiliarela crescita di una imprenditorialità meno propensa all’investimento sul territoriola congestione da overtourism con il conseguente sovraccarico e stress anche sulle infrastrutture dei servizi urbani, nonostante la destagionalizzazione».

E poi, ancora, viene rimarcato che l‘overtourism «riduce la possibilità di accesso per altri turisti e per le popolazioni residenti, con effetti di congestione, perdita di distintività dell’offerta, innalzamento dei costi dell’abitare, sovraccarico dei servizi, crisi della qualità della vita e nei casi estremi crisi della coesione sociale e dell’attrattività stessa. Nello specifico sul piano produttivo, la crescita del turismo nel Lario ha indotto anche uno squilibrio nel funzionamento del mercato del lavoro con una scarsità di offerta di lavoro disponibile e di sovraccarico delle reti infrastrutturali soprattutto sulla navigazione».

«Il modello non può essere quello della Riviera Adriatica»

Si sottolinea anche l’acuirsi del difficile rapporto tra imprese di ricettività extralberghiera e alberghiera, un problema per ora non tanto di concorrenza, quanto di regolamentazione delle prime che dovrebbe partire dagli enti territoriali ma che non trova per ora applicazione secondo le imprese alberghiere. La vera questione riguarda però l’esplosione non tanto del turismo stanziale, quanto dell’escursionismo di giornata, considerato dagli imprenditori il fiume in piena che rischia nel medio periodo di consumare le risorse di distintività del patrimonio naturale e paesaggistico, oltre all’atmosfera di esclusività, su cui si basa l’attrattività del Lario. Da questo punto di vistale soluzioni proposte anche dagli imprenditori vertono tutte sulla tutela di un modello di turismo “altospendente”, «che non può essere quello della riviera adriatica», dunque sul perseguire la limitazione dei flussi e soprattutto degli accessi alle località più note e più a rischio di congestione.

Residenti cacciati di casa e cinque stelle lusso

Il rischio paventato è che il turismo mordi e fuggi crei situazioni di congestione che scoraggino il turismo d’élite. Il punto è però che anche il modello di turismo “premium” retroagisce sull’innalzamento dei costi riproduttivi per le popolazioni residenti, ad esempio portando fuori squadra il mercato immobiliare e dunque inducendo processi di spopolamento nelle località più investite dalla crescita; con il rischio dello svuotamento delle comunità locali dalle fasce generazionali più giovani. E infatti, prosegue il documento, l’esplosione delle case vacanza «che vengono affittate ai turisti hanno messo in condizione i residenti soprattutto le giovani coppie di non riuscire a trovarsi una casa. Questo è un grosso problema ma bisogna che sia il legislatore a metterci mano: perché non è possibile che certi centri storici si siano desertificati».

Altro impatto pesantissimo delle case vacanza sui residenti: «A Como continuano ad aprire solo alberghi cinque stelle lusso. Il tema del turismo è in una fase di grande spinta ma di grandissimo rischio perché il territorio si è snaturato e la gente è troppo ingolosita dai turisti, gli appartamenti che svuotano le città, i paesi, i centri storici, e che vengono destinati invece ad affitti turistici, la gente che non riesce più a abitarci. Non va bene, assolutamente. Leggevo un’intervista, del direttore generale di Apple Europa, il quale diceva “il lago di Como ne fa un grande albergo… e può avere una crescita infinita”: è esattamente il contrario di quello che penso. Il lago di Como si deve fermare e deve andare a qualificare e migliorare i servizi. La Camera di Commercio è forse adesso più sensibile alla questione. Abbiamo un problema di overtourism, abbiamo un problema di relazione con i residenti».

Poco personale, sottopagato

In conclusione, due passaggi molto amari sul tema della difficoltà a trovare personale per il turismo, entrambi attribuiti agli albergatori: «Ci sono una serie di problematiche che vanno a colpire tutti i settori in modo trasversale, non solo il turismo: oltre a non trovare cuochi, camerieri, non trovi operai, meccanici, fabbri, infermieri. Non trovi niente“; “Bisogna ammettere che gli stipendi del settore turistico sono bassi e quindi c’è una offerta economica meno interessante rispetto ad altri settori e invece impegni più gravosi visto che si lavora nei weekend e nelle feste».

(Tratto da un contributo di Emanuele Caso per ComoZero)

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