domenica 8 Settembre 2024
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Per un’economia fondata sul visitatore

Conoscere meglio i visitatori e le loro motivazioni di viaggio espande l’attenzione strategica delle destinazioni ben oltre la promozione dell’offerta territoriale in termini di paniere di prodotti turistici, per includere connettività, infrastrutture, mobilità, servizi, professioni, posti di lavoro, formazione delle competenze, ristorazione, offerta culturale, animazione ed eventi. Ovvero, a ben guardare, tutte prestazioni che incidono anche sulla qualità della vita dei residenti.

Una provocazione? Molto di più

Il titolo di un primo contributo per “Letture Lente”, “Se lo volete sostenibile non chiamatelo turismo”, è parso ad alcuni come una provocazione. In parte occorre ammettere che voleva attrarre l’attenzione e ci è riuscito. Ora è tempo di proseguire, approfondire e condividere quali possano essere gli orizzonti di sviluppo dell’economia turistica alla luce delle nuove tendenze dei mercati internazionali ma anche della necessità di garantire sostenibilità sociale, ambientale ed economica alla relazione che le persone in movimento generano nei territori e con le comunità locali. Il cambio di prospettiva suggerito, parte dalla considerazione che – mentre tutti i turisti sono visitatori – non tutti i visitatori sono turisti.

overtourism - crowded people

L’ecosistema locale e le persone “in transito”

Quali sono le motivazioni che inducono a ragionare di “economia dei visitatori” e non più “soltanto” di turismo?

Ripartendo dalle definizioni, è opportuno ricordare come – secondo l’UN Tourism (già UNWTO, organizzazione mondiale del turismo presso le Nazioni Unite), il turismo «è un fenomeno sociale, culturale ed economico che comporta il movimento di persone verso paesi o luoghi al di fuori del loro ambiente abituale per scopi personali o aziendali/professionali». Ragionare di turismo, di conseguenza, implica concentrare l’attenzione sulle specifiche attività di questi soggetti in movimento che affrontano spese turistiche. In generale, dunque, si può assumere che tutti i visitatori che pernottano siano turisti e, solo successivamente se con impegno, è possibile distinguere chi è in viaggio per affari da chi è mosso da motivazioni di piacere. La vera difficoltà inizia quando è necessario decidere se i visitatori giornalieri siano turisti oppure no: le teorie di inizio millennio li hanno classificati come “escursionisti”.

Pensare nei termini della “economia dei visitatori”, invece, significa tenere conto di uno spettro di attività economiche molto più ampio di quello tradizionalmente inteso come “turismo ed eventi”, secondo la definizione del World Travel and Tourism Council (WTTC), che ha immaginato di valutare «qualsiasi attività economica diretta, indiretta e indotta risultante dalle interazioni dei visitatori con una destinazione al di fuori del loro ambiente abituale», ovvero il vantaggio economico dell’attività dei visitatori non soltanto strettamente connessa all’industria turistica ma in un senso molto più ampio.

Per “economia dei visitatori”, dunque, si intende un concetto molto più ampio, che in realtà non riguarda la persona che effettua la visita ma l’intero ecosistema locale, in cui interagiscono visitatori, comunità locale e (anche) turisti. Ovvero si concentra sugli elementi che attraggono i visitatori e sulle infrastrutture e sui servizi che supportano la loro visita. Una innovazione di metodo e di processo che, peraltro, misura l’interazione delle persone “in transito” con la comunità locale, nonché l’impatto sui luoghi.

Tutti i turisti sono visitatori, ma non tutti i visitatori sono turisti

L’uso corrente è quello di considerare l’economia dei visitatori come sinonimo di turismo, ma non è sufficiente. In Italia, dove è ancora complesso trattare il turismo come un settore economico, diventa una sfida molto significativa: un comparto turistico di successo descrive certamente eventi tangibili, quantificabili e transazionali, ma è anche considerevolmente influenzato da ciò che è di natura intangibile e qualitativa. Il turismo dipende, in particolare, dalle qualità dei luoghi: non rileva quanto sia eccellente una singola attività turistica, che probabilmente prospererebbe anche in un luogo di qualità inferiore, ma dal sistema territoriale che genera le opportunità di attrarre più clienti, di aggiungere valore e di generare una spesa più elevata, con benefici diffusi che possono iscriversi a pieno titolo nella dinamica dello sviluppo economico.

Il turismo non può funzionare senza gli altri aspetti dell’economia dei visitatori e, nella migliore delle ipotesi, è una relazione simbiotica, in equilibrio tra diversi fattori, ma che fondamentalmente fa perno sulla domanda dei consumatori: la fonte delle entrate, che filtra attraverso l’economia, include la spesa di visitatori in entrata, ma anche locali, turisti, aziende, lavoratori, pendolari, persone che si muovono per motivi di salute o semplicemente sono in visita a parenti e amici. Una distinzione più inclusiva e un approccio più ampio che non è importante solo per amministratori e accademici ma tutti coloro che – direttamente o indirettamente – fanno parte del sistema economico locale e che – più o meno consapevolmente – sono parte della filiera dell’accoglienza, dell’ospitalità e dei servizi.

Ad offrire lo spunto è stato il World Travel and Tourism Council (WTTC), che ha immaginato di valutare «qualsiasi attività economica diretta, indiretta e indotta risultante dalle interazioni dei visitatori con una destinazione al di fuori del loro ambiente abituale», ovvero il vantaggio economico dell’attività dei visitatori non soltanto strettamente connessa all’industria turistica ma in un senso molto più ampio. Partendo da questa definizione, è pensabile adottare una prospettiva che non identifichi più il “turista” come terzo, ovvero come soggetto esterno, ma mirata ad osservare il territorio come ambiente in cui residenti e visitatori interagiscono.

Caso esemplare è lo studente fuori sede, che fruisce di mezzi pubblici e di servizi come biblioteche, bar e caffè, magari anche stipula un contratto di affitto breve, esattamente come un turista, anche se in realtà tenderà a comportarsi come un residente (e magari sceglierà di stabilirsi definitivamente). In cosa differisce dalla domanda dei visitatori, che cercano sempre più il senso del luogo quando viaggiano, mettendo alla prova le destinazioni per la capacità di offrire autenticità, consentendo di vivere i luoghi “as a local” (“come un residente”)?

Per offrire immediata percezione e concretezza, si immagini l’organizzazione del meeting annuale di SIMTUR, “All Routes lead to Rome”. L’evento attrae associati da ogni regione d’Italia (visitatori) che si incontrano per sviluppare un interesse comune, con una formula aperta al pubblico (residenti e altri visitatori), che partecipa senza oneri di ingresso: un’interazione che diventa una piattaforma in cui si stipulano accordi, si formano relazioni e si generano idee, parte delle quali andranno ad incidere nello sviluppo locale del luogo in cui si tiene l’evento. Questo punto di vista aiuta a comprendere come i vantaggi di un evento possa andare molto oltre il “turismo” in senso stretto: non saranno le poche decine di camere vendute nella circostanza a modificare l’economia dei luoghi ma le opportunità offerte all’intero scenario culturale, sociale ed economico. La spesa “turistica” dei delegati durante il meeting, anche comprendendo i tour, le esperienze e le degustazioni proposte, è solo la punta dell’iceberg, presentandosi come opportunità per svolgere funzioni di lobby positiva a favore della transizione green e digitale, osservatorio di politiche pubbliche, laboratorio di economia circolare, incubatore di reti sociali e d’impresa e momento di alta formazione del capitale umano.

Questa tipologia di eventi consente di sviluppare connessioni personali, con risultati positivi per le imprese di filiere anche oltre il comparto turistico e con un rafforzamento complessivo delle comunità. Come si può osservare, le ricadute sono misurabili in termini di:

  • formazione attraverso la presentazione di buone pratiche e il trasferimento di conoscenze;
  • stimolo di nuovi partenariati commerciali e di investimento;
  • impulso alla collaborazione per la ricerca, che porta all’innovazione e all’aumento della produttività;
  • promozione dello scambio culturale e dell’attrazione di nuovi talenti;
  • aumento della consapevolezza nella comunità locale.

Oltre l’esempio legato agli eventi, va preso atto che i visitatori si impegnano in una vasta gamma di attività, alcune delle quali possono presentare ricadute immediatamente economiche, mentre altre includono varie interazioni con comunità e ambienti, con un impatto misurabile su una vasta platea di imprese, nonché sui servizi pubblici come strade, parchi, spiagge e riserve.

Per questo motivo, conoscere meglio i visitatori e le loro motivazioni di viaggio – che si tratti di convegni e mostre, vacanze, tempo libero, eventi, affari, vendita al dettaglio, istruzione o visita di amici e parenti – espande l’attenzione strategica delle destinazioni ben oltre la promozione dell’offerta territoriale in termini di paniere di prodotti turistici, per includere connettività, infrastrutture, mobilità, servizi, professioni, posti di lavoro, formazione delle competenze, ristorazione, offerta culturale, animazione ed eventi. Ovvero, a ben guardare, tutte prestazioni che incidono anche sulla qualità della vita dei residenti.

Non da ultimo, l’economia dei visitatori tiene conto anche della “capacità di carico”, ovvero dell’impatto che le attività economiche hanno sulla comunità locale. Anzitutto come strumento di gestione dei fenomeni di overtourism – il sovraffollamento percepito che incide sul paesaggio e sul tessuto economico e sociale dei luoghi – e di overcrowding, che vede concentrarsi un numero eccessivo di visitatori in una determinata area in cui sia stata attivata una misurazione della capacità dei servizi (trasporti pubblici, nettezza urbana, consumo di risorse, ecc.). Nuovi livelli di consapevolezza dei visitatori consentono di immaginare, già nel presente, che i flussi di visitatori possano essere modellati per avere un impatto positivo sulla vita dei residenti, contribuendo addirittura a raggiungere alcuni obiettivi che influiscano positivamente su parametri di qualità e stile di vita delle comunità locali. Va preso atto, infatti, che I visitatori sono impegnati in una vasta gamma di attività, alcune delle quali non presentano ricadute immediatamente economiche presso gli attori della filiera turistica, mentre includono varie interazioni con sistemi e ambienti che hanno un impatto misurabile su una vasta platea di imprese, nonché sui servizi pubblici come strade, parcheggi, spazi pubblici, verde urbano, parchi, spiagge, ecc.

L’ambito economico

La distinzione tra un visitatore e turista potrà apparire sottile ma, al contrario, è davvero significativa. Ma come si può misurare, andando oltre i parametri tradizionali dell’economia turistica?

  1. definizione di visitatore e turista:
    • Il visitatore è una persona che si sposta in un luogo diverso dal proprio ambiente abituale per motivi specifici, che possono essere turistici o non turistici. Ciò include, ad esempio, pendolarismo, motivi di studio, motivi sanitari, visita a parenti e amici, ecc.
    • il turista è un sottoinsieme di visitatori, che si sposta per motivi di svago, ricreazione o vacanza.
  2. spending:
    • la differenza principale risiede nelle spese effettuate: i turisti tendono ad avere un’attività di spesa più pronunciata rispetto ai visitatori, comprendendo attività ed esperienze specificamente realizzate per il consumo turistico.
    • i visitatori incidono comunque fortemente, andando a generare una domanda di servizi “non turistici”. Nella ridefinizione degli stili di vita in corso, anche i residenti possono dirsi coinvolti nella spesa per cultura, arte e intrattenimento, oltre ad acquistare trasporti, acquisti al dettaglio, servizi di ristorazione, ecc.
  3. durata del soggiorno e frequenza:
    • i turisti tendono ad avere soggiorni più brevi rispetto ai visitatori. La durata del soggiorno è un indicatore importante dell’impatto economico, poiché più lungo è il soggiorno, maggiori sono le opportunità di spesa nel tempo (si pensi all’esempio degli studenti fuori sede).
    • i visitatori possono visitare un luogo ricorsivamente, nel corso del tempo, generando entrate più stabili nel lungo periodo.
  4. pattern di spesa:
    • i turisti spesso concentrano le proprie spese nelle strette vicinanze degli attrattori, contribuendo indirettamente a generare distorsioni di mercato e rendite di posizione, mentre i visitatori distribuiscono la capacità di spesa su una gamma più ampia di beni e servizi, anche più diffusa nel territorio.

Per questi motivi, l’economia dei visitatori consente di adottare approcci più ampi che tengano conto di una serie di indicatori economici, sociali e ambientali:

  • analisi dei flussi finanziari: monitorare e analizzare i flussi finanziari associati ai visitatori, inclusi gli investimenti diretti, le spese al dettaglio, le entrate fiscali, le donazioni benefiche e altro ancora;
  • indagini di soddisfazione e di impatto: condurre indagini e studi sull’impatto sociale ed economico dei visitatori sulla comunità locale, inclusi aspetti quali occupazione, benessere sociale, coesione comunitaria, patrimonio culturale, ambiente, occupazione e qualità della vita;
  • indicatori di benessere: utilizzare indicatori di benessere (Bes) per valutare l’impatto complessivo dei visitatori sulla comunità ospitante, oltre ai meri indicatori economici;
  • analisi della domanda: esaminare la domanda di beni e servizi associati ai visitatori e valutare come questa influenza l’economia locale, ad esempio attraverso la diversificazione economica, lo sviluppo di nuove imprese e l’innovazione.

In conclusione, una riflessione strategica

Secondo le previsioni del Codice del Turismo, l’Istat provvede alla misurazione delle performance turistiche nazionali sulla base dei dati generati dal sistema delle agenzie di viaggio, dell’ospitalità e delle imprese con codice Ateco strettamente connessi alla filiera, con il risultato di attestare il contributo del turismo a meno del 6% sul Prodotto Interno Lordo.

Al di là della necessità di individuare indicatori qualitativi, oltre che quantitativi (come “arrivi” e “presenze”), risulta di tutta evidenza come il settore del turismo – già parcellizzato e diffuso per definizione – non riesca ad assumere un ruolo decisivo in termini di rappresentatività, di incidenza sulle scelte strategiche (si veda il caso del Pnrr) e di peso politico. Mentre l’economia dei visitatori potrebbe agevolmente mostrare come l’impatto reale delle persone in movimento sia decisamente superiore – con una forbice tra il 13 e il 18 per cento – modificando per sempre la percezione della rilevanza economica dei consumi, accompagnando anche le comunità locali verso una gestione più efficace dei servizi, a tutto vantaggio dei residenti.

(di Federico Massimo Ceschin per Agenzia Cult)

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